I serie “4” di Landini sintetizzano la filosofia progettuale che è alla base del cosiddetto “trattore all’italiana”, un mezzo di lavoro affidabile nella costruzione e attuale nei contenuti, ma anche personalizzabile, facile da gestire e polivalente all’uso
Stando alle più recenti statistiche, i costruttori nazionali di trattori e di macchine agricole semoventi esportano mediamente più del 70 per cento delle proprie produzioni, a conferma di una qualità costruttiva riconosciuta in tutto il Mondo. La qualità però non basta da sola per imporre una macchina sui mercati mondiali. Servono anche affidabilità e prestazioni, doti che a loro volta devono sposarsi con una elevata facilità di guida e di gestione, con un prezzo equilibrato e, nel caso dei trattori agricoli, con una spiccata versatilità funzionale. Grazie a esperienze maturate sulla base di lassi di tempo che in alcuni casi superano anche il secolo, i costruttori italiani sanno miscelare tra loro tali esigenze in maniera quanto mai equilibrata, tant’è che in tutto il Mondo è prassi inquadrare i mezzi più eclettici quali “trattori all’italiana”, a differenza dei “trattori alla tedesca” che sono ricchi di tecnologia ma meno intuitivi all’uso o del “trattori all’americana” che giocano il loro successo soprattutto in termini di prestazioni, anche a scapito dei consumi. Progettare “all’italiana” non significa quindi progettare in Italia, ma essere fedeli a una filosofia che punta e realizzare macchine a misura d’uomo, come per esempio risultano essere gli aziendali serie “4” di Landini, marchio da sempre fedele a tale impostazione e anche uno dei pochi brand che alla progettazione all’italiana abbinando anche una costruzione totalmente italiana. Se si escludono i motori, di produzione Deutz, i serie “4” sono in effetti costruiti in Italia sia in termini di componentistica sia di assemblaggio finale e tali risultano anche i nuovi “4D” lanciati in occasione di Fieragricola in un’ottica di ampliamento di gamma teso a enfatizzare il rapporto fra prestazioni e prezzo. Le due serie di macchine molto condividono fra loro in termini di gruppi meccanici, differenziandosi in termini di offerta, sei modelli i serie “4” e quattro i serie “4D”, trasmissioni, meccaniche sincronizzate sui “4D” e più evolute sui “4”, impianti idraulici e posti guida, open o cabinati, per entrambi. Identici sulle macchine di analoghe prestazioni i già citati turbodiesel Deutz a quattro cilindri da due litri e 900 centimetri cubi omologato stage 4 e il Perkins aspirato da quattro mila e 400 centimetri cubi omologato stage 3A, ma diverse le unità di punta causa la presenza sottocofano di un Deutz da tre litri e 600 centimetri cubi omologato stage 3B. In ogni caso però niente filtri anti-particolato e quindi niente rigenerazioni a fronte della presenza di impianti di alimentazione common rail a controllo elettronico, soluzione non presente solo sui modelli con motori omologati in stage 3A la cui alimentazione è affidata a una classica pompa meccanica e l’aspirazione non è asservita da sistemi turbo/intercooler, dato che la cilindrata di quattro litri e 400 centimetri cubi basta e avanza da sola per erogare i 74 cavalli promessi a due mila e 200 giri. Simili fra loro, ma solo a livello di modelli di attacco, anche le trasmissioni. Il cambio-base è in effetti costituito da un gruppo meccanico “Speed Four” che mette a disposizione quattro marce sincronizzate e tre gamme per un totale di dodici rapporti fruibili anche in retro intervenendo su un inversore sempre meccanico e sincronizzato. Possibile l’integrazione di tale gruppo con un riduttore che porta a 16+16 le velocità senza impedire che su strada si possa marciare ai canonici 40 chilometri l’ora e possibile anche, ma solo sui serie “4”, disporre di un hi-lo idraulico che porta le marce a 24+24 riducendo o allungando ogni rapporto del 18 per cento. Grazie a tale soluzione si realizza il sistema “Eco Forty” che permette ai “4” di muoversi su strada alla massima velocità con il motore che ruota a soli mille e 900 giri consentendo concreti risparmi di carburante. In optional sulle stesse macchine anche un inversore elettroidraulico provvisto di potenziometro per la regolazione della reattività denominato “Shuttle Modulation Control” e della funzione “De-clutch” che minimizza l’uso del pedale della frizione. Il primo è utile per ridurre lo stress dell’operatore e in caso di partenze, ripartenze, manovre ripetute e di fine campo, mentre i pulsanti posti sulla leva del cambio preposti alla gestione dell’hi-lo se abbinati al sistema “De-Clutch” permettono otto cambi marce senza l’utilizzo del pedale della frizione. Altra differenza fra i “4” e i “4D” l’idraulica. Premesso che entrambe le serie offrono impianti sdoppiati, quello di servizio dei “4” eroga 28 o 32 litri di olio al minuto mentre quello dei “4D” ne eroga 20 non dovendo alimentare una trasmissione a gestione idraulica. La pompa idraulica di lavoro dei “4” garantisce inoltre una portata d’olio da 49 o 57 litri al minuto in funzione del modello scelto, mentre l’analogo gruppo dei “4D” propone una portata fissa di 45 litri al minuto gestibile mediante due distributori anziché cinque, due dei quali ventrali comandati da un joystick, come previsto sulle macchine della serie superiore. Chiaro a questo punto che i “4” puntano a essere degli aziendali ricchi di contenuti tecnici, fruibili per far fronte a un ampio spettro di applicazioni e in grado di soddisfare le esigenze delle aziende agricole più strutturate, mentre i “4D” guardano ad attività più concentrate e alle organizzazioni di stampo famigliare. Giustificate quindi anche le differenze di capacità degli attacchi a tre punti posteriori, da 34 a 39 quintali a seconda del modelli per i serie “4” e da 34 quintali “secchi” sui “4D”, e gli azionamenti delle prese di forza che attaccano sui “4D” con un sistema meccanico pilotabile manualmente, mentre risultano servoassistiti ed elettroidraulici quelli dei “4”, soluzione condivisa da entrambe le serie a livello di inserimenti della doppia trazione. Quest’ultima si attiva in automatico in caso di frenata sia sui “4D” sia sui “4”, ma nel secondo caso può abbinarsi alla presenza di sistemi frenanti dedicati cui fanno eco sistemi elettroidraulici di blocco dei differenziali, attività che sui “4D” deve invece essere espletata meccanicamente.
A breve anche i “4D” cabinati
Differenza sostanziale fra gli aziendali Landini serie “4” e quelli serie “4D” l’organizzazione dei posti guida. Non da un punto di vista ergonomico, intendiamoci, ma a livello protettivo. Alle piattaforme sospese su silent-block i serie “4” possono sostituire posti guida inseriti in cabine a quattro montanti climatizzate, soluzione che amplia le possibilità di utilizzo dei trattori rendendoli adatti anche per far fronte a eventuali attività di manutenzioni viarie invernali. Le cabine sono completamente realizzate con pannelli di cristallo, dispongono di botole e tetto per assicurare un brandeggio preciso e sicuro delle masse portate in altezza da eventuali caricatori frontali e alloggiamo gli operatori su sedili rivestiti con stoffe traspiranti. Di serie vantano lunotto e parabrezza apribili oltre a un sistema informativo integrato nel cruscotti digitali che permette di avere sott’occhio lo stato funzionale della macchina. Più semplici, ma non meno completi in termini informativi, i cruscotti analogici dei “4D”che condividono con i “4” anche i pavimenti piani e facili da lavare, le razionali e intuitive disposizioni dei comandi, le regolazioni sia per i sedili sia per i volanti e la possibilità a breve di integrare una cabina di progettazione originale Argo Tractors.